Si è tenuto a Vico Equense, presso la Chiesa Ss. Annunziata a Vico Equense, il “Concerto La Croce del Mare“, che ha segneto la conclusione del pellegrinaggio della “Croce di Lampedusa”.
Il concerto, ad ingresso gratuito, è stato un’esperienza unica, in cui la musica si è intrecciatacon un profondo messaggio di speranza e solidarietà. Protagonista della serata, il Maestro Angelo Borrelli, che ha regalarto al pubblico un viaggio emozionante attraverso le opere di compositori leggendari come Fryderyk Chopin, Franz Liszt ed Ennio Morricone.
Di seguito, l’intervento di Don Salvatore Iaccarino, responsabile della Pastorale del Turismo, sport e tempo libero.
Ci sembra bello e significativo raccontare la storia di questa croce e come è arrivata fino a qui: sono sempre gli incidenti di percorso che riservano sorprese. Tutto nasce quest’inverno, in un primo contatto preso con la Fondazione Casa dello Spirito e delle ArtI di Milano, la richiesta era quella di realizzare, sempre qui a Vico Equense, un concerto con il “violino del mare”, che aveva suonato qualche giorno prima di Natale nella Sala Clementina in Vaticano alla presenza di papa Francesco. La Fondazione infatti si occupa di avviare progetti in alcune carceri italiane come laboratori di strumenti musicali o di ostie, e tanto altro ancora: la presentazione più significativa la prendo da Papa Francesco, dal suo discorso rivolto alla Fondazione lo scorso anno: “Vi ringrazio tutti perché siete un seme di speranza. Con il sostegno della Fondazione “Casa dello Spirito e delle Arti”, voi date dei segnali che si oppongono alla cultura dello scarto, purtroppo diffusa. Invece voi cercate di costruire, con le “pietre scartate”, una casa dove si respiri un clima di amicizia sociale e di fraternità. Non tutto è facile – lo sappiamo –, non sono tutte “rose e fiori”! Ognuno di noi ha i suoi limiti, i suoi sbagli e i suoi peccati. Tutti noi. Ma la misericordia di Dio è più grande, e se ci accogliamo come fratelli e sorelle Lui ci perdona e ci aiuta ad andare avanti.
Per diversi motivi logistici legati alla Fondazione non è stato però possibile portare avanti l’idea del concerto (un giovane musicista della nostra terra aveva composto un inedito per l’occasione), e quello che inizialmente è stato un ostacolo, è poi diventata una porta aperta: ci veniva donata questa croce, forse come “dono di consolazione”, e di fatto quello che doveva essere semplicemente un evento musicale, è diventato un cammino, un pellegrinaggio. Non era previsto, ma il Signore sa quello che compie, oltre le nostre programmazioni e pianificazioni. Realizzata la base in un cantiere di un maestro d’ascia sorrentino (anche questo particolare è significativo) è cominciato il cammino: un seme di coscienza, una testimonianza, un monito a considerare che questo è stato e questo è e che non possiamo non sapere.
Questa croce ha un valore, nella sua piccolezza: parla di salsedine e di storie, di voglia di futuro e di occasioni negate, di naufragi che troppo spesso occupano le pagine dei nostri giornali, forse non più delle nostre coscienze.
Questa croce ha un valore, nella sua piccolezza: parla di uomini che vivono in carcere, con i loro vissuti e fallimenti, incidenti di percorsi e crocevia di non ritorno, mani sporche -chi non le ha?- e, speriamo, voglia di ricominciare.
Questa croce ha un valore, nella sua piccolezza: è passata di mano in mano, bambini, giovani, adulti e anziani, nei diversi appuntamenti di questa estate, ha solcato il nostro mare come elemento di novità nella pietà popolare delle nostre processioni, è diventata motivo di preghiera e di orizzonti allargati per le piccole comunità marinare che diventano sempre più esigue, con anziani che diventano vestali di racconti, riti, tradizioni e aneddoti. Ripartire dalle piccole comunità è stato il segno, tracciare cammini “dal basso”, entrare in punta di piedi per aprire porte nuove di preghiera e di riflessione. “Fratelli, sorelle, non abbiate paura dei numeri esigui, dei successi che tardano, della rilevanza che non appare. Non è questa la strada di Dio” sono le parole del Papa in Mongolia appena qualche giorno fa, che motivano e provocano alcune prassi pastorali.
Stasera questa croce è qui, in questa antica cattedrale affacciata sul Golfo di Napoli, culla del Mediterraneo, come tappa di un cammino, inizio di altri.
È proprio il nostro mare che, anche per il turismo, ci conduce l’eco di tanti popoli, culture, storie che si intrecciano con il sentire del nostro popolo, arricchendolo di vita e di sapienza, rendendolo solidale alle gioie e ai dolori dell’umanità.
Ecco l’augurio di questa sera: mettersi in ascolto del mare, cattedra di vita, da cui la storia dona continuamente lezioni importanti, capaci di incidere sul presente, aprendolo al futuro.
L’ultima parola, o la prima di questa sera a Papa Francesco: “Il Mediterraneo è da sempre luogo di transiti, di scambi, e talvolta anche di conflitti. Ne conosciamo tanti. Questo luogo oggi ci pone una serie di questioni, spesso drammatiche. Esse si possono tradurre in alcune domande che ci siamo posti nell’incontro interreligioso di Abu Dhabi: come custodirci a vicenda nell’unica famiglia umana? Come alimentare una convivenza tollerante e pacifica che si traduca in fraternità autentica? Come far prevalere nelle nostre comunità l’accoglienza dell’altro e di chi è diverso da noi perché appartiene a una tradizione religiosa e culturale diversa dalla nostra? Come le religioni possono essere vie di fratellanza anziché muri di separazione? Queste e altre questioni chiedono di essere interpretate a più livelli, e domandano un impegno generoso di ascolto, di studio e di confronto per promuovere processi di liberazione, di pace, di fratellanza e di giustizia. Dobbiamo convincerci: si tratta di avviare processi, non di fare definizioni di spazi, occupare spazi… Avviare processi” (Papa Francesco, Napoli 21 luglio 2019).
Don Salvatore Iaccarino