Chiesa di Sant’Antonino - Arola
Giunti al centro di Arola, l’ultimo dei borghi “in quota” sulla via per raggiungere il sepolcro di Sant’Antonino, ci fermiamo dinanzi alla chiesa parrocchiale, dedicata proprio al Patrono di Sorrento.
Non si tratta di un semplice caso, anzi. Prima di entrare all’interno dell’edificio sacro, risalente al ‘400, bisogna raccontare un’antica leggenda, che, nel corso dei secoli, è passata di bocca in bocca, trasformandosi in un vero e proprio patrimonio immateriale.
Narra mons. Federico Demartino, nella sua “Vita di Sant’Antonino Abate”, che il Santo, scendendo dal Monte Faito, giunse nel villaggio di Arola e “sentendosi travagliato dalla sete, con umili modi chiese da bere ad una vecchiarella, che per caso di là passava portando un catino d’acqua”. La vecchietta, prontamente, gliela offrì e il Santo - prosegue il Demartino - ne fu veramente commosso, visto che “non aveva potuto avere un tal refrigerio dai precedenti paesi vicini”.
A questo punto, “Il Santo, quasi profetando a pro di tutti gli arolesi” aggiunse: “dovunque scaverete in questo paese, possiate trovar sempre abbondanti le acque”. Come se non bastasse, quasi a rafforzare questa leggenda, se ne aggiunse un’altra, quasi una variante.
Per secoli, infatti, gli arolesi venerarono e custodirono gelosamente una quercia di grandi dimensioni che, al centro del borgo, faceva bella mostra di sé, frondosa e possente.
Stando a questa seconda leggenda, strettamente collegata alla prima, Antonino usò l’acqua della vecchietta di Arola non solo per dissetarsi, ma anche per innaffiare alcune ghiande precedentemente sotterrate nel terreno. Da quei semi, piantati e irrigati dal Santo in persona, vennero fuori numerosi germogli e una quercia, la più possente, sopravvisse alle altre fino agli anni ‘50 del secolo scorso: era il famoso “cierco di Sant’Antonino” (cioè, la quercia diSant’Antonino). Queste leggende, complementari tra loro e trasmesse di padre in figlio, spiegano la devozione di Arola per il Santo Monaco Antonino e per certi versi la dedicazione della chiesa parrocchiale. Un primitivo edificio sacro dedicato al Patrono di Sorrento, di piccole dimensioni, esisteva già agli inizi del XV secolo. Sorgeva, con molta probabilità, accanto ad una torre fortificata, poi trasformata, successivamente, nel campanile che tuttora si può ammirare.
La chiesa, via via che crescevano le esigenze di culto, fu dapprima allargata nel XVII secolo e poi definitivamente risistemata alla metà dell’800, con l’allargamento del presbiterio e la costruzione della cupola. La facciata, in stile neoclassico, risale all’800 e spicca per i suoi accesi cromatismi. La pianta è a croce latina e la chiesa, al suo interno, si articola in tre navate: quella centrale (più ampia) risulta affiancata da due laterali di minori dimensioni.
Tra le opere d’arte, conservate nella chiesa, spiccano: l’ottocentesca statua del Patrono Antonino, (posta, in una nicchia, al di sopra del settecentesco altare maggiore) una statua, particolarmente elegante, raffigurante San Nicola di Bari; un Crocefisso, di scuola napoletana, conservato nella prima cappella della navata destra; una tela, recente, raffigurante “San Michele Arcangelo e i Santi Antonino e Catello sul Faito”.
Infine, in corrispondenza delle vele sul tamburo della cupola, sono affrescati i quattro evangelisti. Nella sua semplicità, frutto di una devozione sincera senza pretese né lussi superflui, la chiesa di Sant’Antonino Abate ad Arola è un piccolo gioiello dove arte e fede si intrecciano in maniera inestricabile.
Un luogo, ricco di storie e leggende, che sprigiona, ancora oggi, un fascino unico, fuori dal comune.