Ponte Orazio, o meglio “Il Ponte del dazio”
Dopo aver lasciato Arola, si inizia, lentamente, a scendere verso Alberi: da questa frazione, un tempo tappa obbligata
lungo la tortuosa “via minervia”, si gode di un panorama mozzafiato.
L’occhio si perde, quasi naturalmente, sulla “piana di Sorrento” e vaga libero, sino a scorgere Capri e le perle del golfo di Napoli. Riprendendo il cammino, in discesa, si giunge a Meta e da lì, in pochi passi, ci si ferma dinanzi a quello che un tempo era il palazzo fortificato della potentissima famiglia degli Acciapaccia, proprio sul ponte che, sin dalle epoche più remote, permetteva di scavalcare il “rio” (vallone) Lavinola.
Siamo a via Ponte Orazio, ma questo toponimo, in realtà, non deriva dal famoso poeta latino, bensì va letto come corruzione dialettale: “ponte ro’ dazio”, cioè ponte del Dazio. Lì, davanti alla dimora degli Acciapaccia, i gabellieri, per conto della potente città di Sorrento, riscuotevano la gabella del dazio, cioè la tassa sulle merci in transito.
In seguito, con la costruzione della strada rotabile che collegava Castellammare a Sorrento (1832), il “ponte Orazio” fu chiamato anche “ponte vecchio”, in antitesi al “ponte nuovo”, che ancora oggi collega Meta a Piano di Sorrento.
Nel 1647, proprio nei pressi del “Ponte Maggiore”, si consumò uno scontro violento tra i cosiddetti “popolari”, legati al ribelle Masaniello, e i nobili sorrentini filospagnoli.